Illumina, rischiara, si diffonde, accarezza; ma anche incide, scava, perfora, unisce e divide. La luce ha accompagnato l’uomo dagli albori della sua storia. Ne ha scandito i ritmi, ne ha influenzato le scelte, ne ha guidato l’evoluzione. La luce è il fondamento dell’esistenza dell’universo vivo o perlomeno di una sua gran parte perché porta calore e anche energia.
L’uomo ha imparato a usare e successivamente a creare la luce, a partire dal fuoco e poi con la lampadina (fra gli altri), fino al più recente successo dei LED (Diodi a Emissione di Luce).
La stessa luce, capace di illuminare gli spazi più ampi quando è diffusa in ogni direzione, è capace, quando concentrata e diretta verso un punto preciso, di generare un elevato calore.
Proprio quel calore ha suggerito la possibilità di utilizzare la luce come utensile di lavorazione.
Il termine LASER (Light Amplification by Stimulated Emission of Radiation) risale alla fine degli anni '50, ad opera di un fisico che formula per primo l’ipotesi di poter creare un fascio di luce con le caratteristiche che ancora oggi si ritrovano nelle attuali applicazioni industriali.
Il suo lavoro si basa su studi precedenti che risalgono alla prima intuizione avuta addirittura da Albert Einstein, a cui non mancavano peraltro motivi per essere già considerato un genio!
Eppure, all’inizio non era chiaro a cosa possa servire il Laser: viene definito “la soluzione in cerca di un problema”.
Il primo articolo scientifico che ne descrive il funzionamento appare sulla rivista Nature nel 1960, dopo essere stato rifiutato da altre prestigiose testate che non ne hanno compreso il valore.
Bisogna arrivare al 1970 per osservare le prime applicazioni industriali.
Da allora sono passati 50 anni e il laser si è enormemente diffuso (ed evoluto) nei campi più disparati, rivoluzionando il settore medicale, quello delle telecomunicazioni, il settore metrologico e persino quello dell’intrattenimento.
Nel campo della lavorazione dei metalli, le prime applicazioni si trovano nel settore aerospaziale per il taglio del titanio. Fin da subito viene apprezzata l’elevata precisione raggiungibile grazie al fatto che non c’è un utensile meccanico che si usura, ma un raggio di luce che è sempre costantemente “affilato”.
Il grado di contaminazione è pressoché nullo dato che non c’è il contatto fisico fra una lama e il materiale tagliato, ma soltanto un fascio di luce che fonde il metallo.
Alla fusione del metallo contribuisce anche un altro componente, ossia un gas: l’ossigeno. La sua combustione è innescata dal laser e sviluppa una parte importante del calore necessario al processo.
Questa modalità di taglio è stata la prima a essere utilizzata per compensare la scarsa potenza del laser. Il risultato si ottiene grazie alla reazione di ossidazione del metallo e le superfici tagliate restano ricoperte da un sottile strato di ossido, che in caso di successiva verniciatura o saldatura necessita di essere rimosso attraverso un ulteriore intervento meccanico.
Anche le caratteristiche meccaniche della zona prossima al taglio in ossigeno risultano alterate, con la conseguenza di dover valutare con attenzione le applicazioni dove le sollecitazioni e gli stress meccanici sono elevate e concentrate (ad es. le rivettature in campo aeronautico).
Questa modalità di taglio è stata per molto tempo l’unica possibile per disporre di energia sufficiente a tagliare spessori elevati. In alternativa all’uso dell’ossigeno, man mano che è aumentata la potenza dei laser industriali, si è diffuso un altro tipo di taglio detto per “fusione”.
In questo caso il gas che partecipa al processo è un gas inerte (azoto), la cui funzione è solamente quella di soffiare via il metallo fuso per consentire al fascio laser di trasmettere efficacemente tutta la sua energia alla realizzazione del taglio.
In questo caso serve una potenza più elevata e il consumo di gas incide maggiormente sul costo orario dell’impianto (l’azoto infatti è significativamente più costoso dell’ossigeno).
Per contro si ottiene un taglio pulito, privo dello strato ossidato citato in precedenza, e i pezzi sono direttamente saldabili e verniciabili.
Il risparmio complessivo ottenuto grazie a questa caratteristica di pulizia del taglio, insieme con l’aumento negli anni recenti delle potenze laser, ha fatto crescere la preferenza per il taglio in azoto su spessori via via crescenti e comparabili a quelli realizzabili con il taglio in ossigeno, compensando il maggior costo del gas.
Sono possibili ma meno diffuse modalità di taglio con altri gas inerti o aria compressa che tuttavia non cambiano le osservazioni esposte.
Non è inusuale al giorno d’oggi trovare impianti laser per il taglio della lamiera dotate di sorgenti da 10 e persino 12 kW. Gli spessori tagliabili di acciaio (e non solo) arrivano fino a 30-40 mm (oltre questi spessori le applicazioni coperte dal taglio laser sono limitate e si ricorre ad altri metodi costruttivi), e disporre di potenze sempre più elevate incrementa la velocità di lavoro e quindi la produttività dell’impianto con una conseguente riduzione del costo pezzo.
In sintesi, maggiore è la potenza e maggiore la produttività ottenibile, pur con una progressione non lineare e che risponde in parte a logiche di marketing più che tecnologiche.
Se ci spostiamo ora dall'applicazione del taglio della lamiera a quella del taglio del tubo, questo incremento delle potenze negli anni recenti è stato molto più contenuto.
Da un lato il numero decisamente inferiore di competitor fra i costruttori di impianti di taglio laser tubo, che ha risentito meno della necessità di rincorrere numeri sempre più da record per differenziarsi; dall'altra un’osservazione semplice ma fondamentale: il tubo non è la lamiera. Se nel caso del taglio della lamiera tutta la potenza erogata dalla sorgente può essere (opportunamente) “sparata” con la preoccupazione di sfondare lo spessore di metallo nel minor tempo possibile e la tranquillità di avere uno spazio al di sotto del foglio in lavorazione che fornisce passivamente solo un piano di sostegno, nel caso del tubo la situazione è certamente più complessa.
Il tubo infatti è un oggetto tridimensionale: al di sotto della parete tagliata dal fascio laser si trova un’altra parete, che fa ancora parte del pezzo in lavorazione. La potenza erogata dalla sorgente, pur dosata e misurata, realizza il taglio dello spessore di metallo lungo i percorsi programmati, ma investe anche la parete opposta con il rischio di causare bruciature e inestetismi. Inoltre si riscalda l’intero pezzo e con ciò cambiano le caratteristiche del processo di taglio, con il risultato di dover impiegare soluzioni tecniche di gestione della potenza laser sempre più sofisticate man mano che le potenze crescono allo scopo di ottenere maggiore produttività.
Dai primi impianti, sviluppati oramai oltre 30 anni fa proprio da BLM GROUP (e in particolare da ADIGE che del gruppo fa parte), derivano le evoluzioni sugli ultimi modelli Lasertube.
Si è partiti con la possibilità di tagliare solamente profili tondi quadri e rettangoli, con una produttività contenuta e la necessità di approfondite competenze tecnologiche per un’efficace gestione della sorgente laser al fine di ottenere risultati soddisfacenti. Da allora sono stati fatti grandi passi in avanti e oggi la produttività è enormemente aumentata, al contrario della complessità di gestione dell’impianto che è diventata totalmente automatica sia nella movimentazione del materiale che nella regolazione del laser.
Gli automatismi agevolano i cambi di produzione e vanno incontro alla sempre crescente richiesta di customizzazione a cui si sta assistendo su tanti prodotti.
I lotti produttivi sono sempre più piccoli e diventa importante poter passare da una produzione a un’altra nel minor tempo possibile.
Leghe di acciaio, leghe di alluminio, rame e ottone, una grande variabilità di spessori e di profili sono tutti tagliabili facilmente con un impianto Lasertube.
Un’applicabilità così ampia nei settori più disparati ha decretato il successo di questa tecnologia che ancora oggi aumenta costantemente la sua diffusione tanto da essere ancora considerata dopo oltre 30 anni una tecnologia innovativa.
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L’investimento iniziale rimane importante, ma se alla produttività si aggiungono l’aumentata efficienza energetica e la manutenzione sempre più ridotta, si capisce perché in molti guardano al laser con un atteggiamento che è di fiducia e di generale apprezzamento.
Cosa aspettarsi quindi in un prossimo futuro? Migliorerà ancora l’efficienza energetica? Si troveranno tipi di laser capaci di tagliare spessori maggiori con potenze inferiori?
Il trend va verso l’automazione sempre più spinta: non solo nella regolazione continua del laser stesso, che misurerà e terrà conto in tempo reale delle caratteristiche del materiale da tagliare ma anche nell’autovalutazione del proprio funzionamento che si integrerà con le logiche di ottimizzazione continua del processo e manutenzione preventiva, attività sempre più richieste per ridurre i costi di produzione e mantenere margini sostenibili.
Su questi fronti BLMGROUP sta portando avanti numerosi progetti e collaborazioni, con l’obiettivo di proporre in tempi brevi le migliori soluzioni tecniche possibili e assicurare ai propri clienti la competitività necessaria per proseguire nel consolidamento del proprio business.